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Maria La Duca

Amici immaginari: Andrea Antinori

Ricordo bene la prima volta che ho fatto due chiacchiere con Andrea Antinori. L’occasione era l’uscita del suo libro L’entrata di Cristo a Bruxelles edito da Corraini nel 2017: una parata in grande stile per celebrare l’arrivo di Cristo in groppa ad un asinello, completa di fanfara e ospiti d’onore, tipo Magritte.
“Mi annoia metterci tanto tempo per disegnare bene, voglio solo raccontare”.
Ad un certo punto l’autore mi disse: “Mi annoia metterci tanto tempo per disegnare bene, voglio solo raccontare”. Si vocifera che qualcuno abbia scambiato per opera sua il quadro di James Ensor da cui è nato il libro omonimo, quindi la faccenda del “disegnare bene” è cosa parecchio complessa, difficile da inquadrare nelle sole regole di anatomia, prospettiva, teoria del colore, composizione, né tantomeno della tanto ostinata ricerca dello stile. A tal proposito lui stesso afferma “posso dire che è una cazzata?”.
“Per me disegnare è come scrivere, sono linguaggi con le proprie regole ma credo sia difficile imporsi un metodo solo perché ti piace: devi capire come ti viene naturale farlo. Quella è la modalità giusta, quelle sono le parole adatte. E la forma arriva quando c’è la storia.”

Abbiamo avuto modo di parlarne a lungo grazie ad un albero di arancio, il soggetto del suo libro uscito per l’editore mantovano, che vive il proprio momento di ribellione dopo aver sopportato provocazioni di ogni genere. “Una storia antimoralista, dove ho voluto concentrarmi sul segno, e togliere tutto quello che non mi serviva, per dare più valore alla narrazione.” precisa l’autore “Per me disegnare è come scrivere, sono linguaggi con le proprie regole ma credo sia difficile imporsi un metodo solo perché ti piace: devi capire come ti viene naturale farlo. Quella è la modalità giusta, quelle sono le parole adatte. E la forma arriva quando c’è la storia.”

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© Andrea Antinori

La ricerca della propria cifra stilistica si fonde ed è al servizio della poetica della narrazione e della visione che l’illustratore ha del mondo. Con l’occhio sempre fisso al progetto Andrea si muove alla ricerca della funzionalità “ho avuto grandi insegnanti e tutti hanno insistito sulla necessità di partire dai contenuti, dall’idea, dal ragionamento e solo dopo sperimentare la tecnica. Tra loro Gianluigi Toccafondo, Pep Montserrat ma anche Luciano Perondi” racconta.

“… bisogna capire quale è la cosa migliore per il progetto e la soluzione deve sempre essere in sintonia con esso”.

“Con L’entrata di Cristo a Bruxelles avevo raggiunto l’apice della mia complessità tecnica ma subito dopo, ne La grande Battaglia, ho voluto tornare alla semplicità. Questo è un libro di 90 pagine con soli tre colori; sembra lungo ma scorre veloce come i frame di un’animazione. Ho rifatto intere pagine cambiando un solo dettaglio per mostrare cosa succede esattamente con quel particolare movimento. È vero, bisogna capire quale è la cosa migliore per il progetto e la soluzione deve sempre essere in sintonia con esso”.

“… un finale aperto che premia un certo tipo di lettore più attivo e forse meno didascalico. Quella lumaca potrebbe fare qualsiasi cosa in fondo”.

Corraini lo sa benissimo ed è stato il primo a pubblicarne i lavori. In questo percorso infatti gioca un ruolo importante il committente, che per Antinori è proprio un editore; capace di consigliare e intuire con la propria esperienza dove insistere e dove sorvolare, premia l’esigenza di esplorare con la fiducia. E quando non è italiano intervengono nei processi di creazione dell’immagine anche aspetti legati all’identità e alla provenienza del cliente: “ne L’arancio ho avuto a che fare con i francesi di Hélium Éditions e contemporaneamente con Corraini. Nel primo caso l’impostazione del libro era troppo silente per il pubblico quindi abbiamo aggiunto suoni e rumori per facilitare la lettura e sono stati loro a spingere perché la scena dell’inseguimento della Polizia fosse più lunga e articolata. È stato molto divertente attingere dal mondo del cinema e citare film come Gli Intoccabili e i Blues Brothers. D’altra parte gli italiani hanno sposato un finale aperto che premia un certo tipo di lettore più attivo e forse meno didascalico. Quella lumaca potrebbe fare qualsiasi cosa in fondo”.

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© Andrea Antinori

La faccenda dello stile e la cura dell’identità sono quindi il risultato di una fitta rete di relazioni, con il proprio io e con il mondo tutto, quindi maturate intimamente o frutto di committenze, che non vogliono e non devono essere limitanti bensì capaci di far fiorire una illustrazione grazie al contributo di ogni singola voce. Come quella di un arancio, stufo di essere bersaglio di tutti. E allora la storia non è altro che la capacità di ascoltare.

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